Villa Cornelia

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Un tesoro nascosto quasi a ridosso della città. Appena qualche centinaio di metri dalle mura castellane. In uno spicchio di terra tra la ferrovia Viterbo/Roma, la Cassia Sud e il complesso delle Pietrare, attraversato dal fosso Roncone. Ponte dell’Elce e dintorni, tanto per intendersi. Nel rispetto delle cadenze stagionali si copre di verde, di marrone, di nocciola, di giallo, perché la vegetazione da diversi decenni regna incontrastata sul giardino di Villa Cornelia, conservandone i tesori che nasconde, ma proprio per questo esaltandone anche la bellezza, il mistero, comunque la suggestione. 

Dal suolo emergono improvvisamente figure in peperino che fanno riferimento molto spesso alla mitologia, sull’esempio di quelle che hanno reso famoso il parco dei mostri di Bomarzo, la fonte di Papacqua di Soriano nel Cimino, la villa Lante di Bagnaia. Non si sa se a realizzarle fu la stessa mano, ma sicuramente identica è stata l’ispirazione. Non per niente il giardino della villa è più o meno contemporaneo a quello più famoso dei Mostri, voluto da Vicino Orsini di cui ricorre quest’anno il cinquecentesimo anniversario della nascita. L’esistenza di villa Cornelia abbraccia almeno otto secoli: nel tredicesimo è un fortilizio con caratteristiche militari, ideato come primo bastione di difesa rispetto alle mura della città. Nel tardo Cinquecento l’intera area viene acquisita da Madonna Cornelia Valenti dei signori di Castel Rubello, una frazione di Porano di Terni, e vedova di messer Nini di Viterbo. 

Diventa un casino di villeggiatura e di caccia con tanto di giardino e un invaso per alimentare le fontane. Tra la fine del XV° secolo e la prima metà del XVII° entra a far parte del patrimonio di donna Olimpia Maidalchini, che è già gran signora del feudo di San Martino al Cimino e del palazzo che sorge accanto a porta san Pietro a Viterbo. Nel tardo settecento il passaggio alla famiglia De Gentili. Tutte le figure del parco sono scolpite in peperino vivo: alcune emergono faticosamente dal terreno, altre lo sovrastano quasi a ostentare una energia sovrumana. All’ingresso un satiro che indossa una maschera, un gigante con una clava, una fanciulla in catene, che rappresentano Ercole e la principessa Troiana Esione, destinata ad essere sacrificata a un mostro marino per placare le ire di Poseidone, e fortunatamente salvata dall’eroe mitologico. Non per niente Ercole è personaggio dominante nella leggendaria nascita di Viterbo. 

E poi un leone – non a caso – scolpito accanto a una divinità fluviale. E ancora, il dio-fontana consacrato per celebrare l’abbondanza di acque che scendevano dai monti Cimini per alimentare le fontane del giardino, ma anche per irrigare i campi e gli orti, muovere le pale dei mulini.